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desimo, gli restava qualche misero soldo; ma il giovine si
sentiva tanti bollori addosso, che l intaccare all occor-
renza d un altro centinaio di lire le ventimila, che il suo
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danaro doveva in quell anno fruttargli, non gli appariva
la cosa più atroce di questa terra mortale.
Irene stava sdraiata sull ottomana. Faceva un caldo
grave umido, soffocante. Era vestita d una sottana piut-
tosto corta e d un casacchino, dal quale s erano strappa-
ti quasi tutti i bottoni. Gioacchino, vedendola, si rasse-
renò: i suoi occhietti si spalancarono, il viso smorto
pigliò un bel colore rosato. Bisbigliò nell orecchio della
fanciulla la eterna parola:
Mi vuoi bene?
L altra rispose a voce alta, ridendo:
T adoro.
Ami me solo? Pensi sempre a me? Io, vedi, darei
tutto il mio sangue per la mia cara Irene.
E le rimproverò dolcemente il morso della sera innan-
zi, dicendole che ancora la nuca gli pizzicava forte.
Aveva messo il capo sulle ginocchia di lei.
Immerso in una specie di sopore beato, guardava,
senza pensare, alla polvere densa, che da più mesi non
era stata disturbata sotto ai pochi mobili sconquassati,
alle sporcizie del pavimento, delle quali si sarebbe scan-
dalezzata persino la degna sposa di Zaccaria, ed alle ten-
dine delle finestre rabescate di lordura. Dal canale quasi
asciutto saliva un fetore acre. Qualcosa di bianchiccio,
di lustro, dietro ad una delle gambette storte dell arma-
dio, fermò lo sguardo di Gioacchino.
Guarda, che cosa c è lì sotto? chiese ad Irene, e
senz aspettar la risposta andò a pigliare l oggetto. Era un
collare col suo fermaglio e le tre lettere F. A. Q.
La faccia di Gioacchino diventò livida.
Un cane, c è stato un cane in questa casa. Rispondi.
Irene rideva, mostrando i denti.
C è stato un cane e ha perduto il collare? Quando?
Ieri mattina.
Ieri?
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Sì, ieri; e la donna ci pensò un attimo, poi sog-
giunse:
Entrò dall uscio della scala, che la mamma con que-
sti caldi tiene sempre aperto. Ma io non ho paura dei ca-
ni. Anzi guarda e mostrò alla polpa della gamba destra
due ferite vicine, lunghe, parallele, non ancora rimargi-
nate.
È stato il cane? gridò Gioacchino con gli occhi
fuori dalla testa.
Sì, il cane. Non me ne rammentavo quasi più.
E non hai fatto bruciare la piaga?
Fossi matta! Perché mi restasse il segno tutta la vita.
E il cane dov è?
Lo so io! Non l avevo mai visto. È scappato, e buon
viaggio.
Scappato subito?
Subito, e tanto in furia che pareva arrabbiato.
Arrabbiato, arrabbiato! e si toccava la morsicatu-
ra della nuca, che da un minuto gli bruciava la carne co-
me un tizzone ardente. Mise in tasca il collare e scappò,
precipitando giù dalle scale, correndo nelle calli, sui
ponti, lungo le fondamenta, dando degli spintoni a tutti
quelli che incontrava, finché giunse all Ospedale mag-
giore, dove chiese del chirurgo di guardia. Voleva farsi
medicare col ferro e col fuoco; ma il chirurgo disse che
non si poteva tentare più nulla, giacché la piaga era
bell e cicatrizzata. Del resto, saputo il caso, affermò dot-
trinariamente che la rabbia non si trasfonde da uomo ad
uomo, eccitò Gioacchino a dormire quindi i suoi sonni
tranquilli, e gli voltò le spalle.
Gioacchino pensava: Menzogna, inganno pietoso.
Voglio sapere la verità ad ogni costo e nel correre ver-
so casa, passando innanzi alla Farmacia di Santa Fosca,
di cui conosceva il principale, vi entrò difilato. Giunto al
banco starnutò. L aria impregnata degli odori di dro-
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ghe, di olii, di mantecche e di elettuarii, gli punzecchia-
va le papille del naso.
La Farmacia di Santa Fosca è celebre. Delle sue pillo-
le miracolose si occupò più volte niente meno che il
Gran Consiglio della Repubblica di Venezia. La sala,
piuttosto vasta, appare molto solenne; un resto, perfet-
tamente conservato, dell arte barocca: grandi armadii
tutt intorno in legno massiccio, a pilastri, a cornicioni, a
timpani, con riquadri arzigogolati e volute gobbe; sulla
porta di mezzo, in faccia all ingresso, il busto di un vec-
chio sapiente, in atto di consultare un librone enorme di
farmacopea; sulla porta a destra il busto d un giovine,
che tiene una storta, e sulla porta a sinistra quello di un
altro giovine, che pesta nel mortaio; all alto dei fronte-
spizii certe figure allegoriche di donne sdraiate e dorate;
qua e là delfini e caducei.
Il soppalco a travi regolari, dipinti in fiorami gialli,
non ha una ragnatela; nelle scansie i vetri di maiolica,
bianchi con gli ornati di fogliami celesti e le iscrizioni a
lettere gotiche nere, i più grossi e panciuti nel palchetto
più alto, in mezzo i mezzani e sotto i piccoli, stanno
schierati l uno accanto all altro con una regolarità, dove
s indovina la mano avvezza agli scrupoli d oncia.
Se la discorrevano insieme nella stanza vicina, intorno
alla tavola tonda, quattro medici, mentre, dietro al ban-
co, lo speziale attendeva a pesare e ad incartare non si sa
quali polveri bianche.
Gioacchino, vergognandosi di parlare di sé, principiò
a narrare allo speziale il caso di un amico suo, che era
stato morsicato da una donna, la quale alla sua volta era
stata morsicata da un cane, probabilmente rabbioso.
Nell andare innanzi, infervoratosi nei particolari della
storia, alzò a poco a poco la voce, sicché i medici,
dall uscio aperto, si posero ad ascoltare. Il punto sul
quale Gioacchino voleva essere illuminato era questo:
L idrofobia si può trasmettere dall uomo all uomo? Il
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farmacista non sapeva che cosa rispondere; ma intanto
entrò una vecchietta a chiedere tre once di olio di ricino,
e il farmacista, conducendo Gioacchino nella stanza at-
tigua, espose ai medici la domanda di lui, mentre la vec-
chietta gli tirava la falda dell abito perché si sbrigasse a
darle quel purgante, il quale doveva servire a guarir dal-
la colica la sua nuora, un bel pezzo di giovinotta, che
aveva mangiato, essendo giorno di magro, un subisso di
baccalà.
I quattro medici, i quali stavano aspettando invano di
essere chiamati da qualche cliente, e intanto non sapeva-
no come ingannare il tempo, giudicarono la quistione
bella, ma molto intricata. Uno, il più vecchio, si ram-
mentava di avere letto nello «Sperimentale» di un caso
d idrofobia comunicata ad un fanciullo dalla morsicatu-
ra di una ragazza, innanzi che le si manifestasse la rab-
bia. Gioacchino allibì. Vero è che la notizia fu poi smen-
tita nello stesso periodico. Gioacchino respirò.
Frattanto il secondo dottore, sbarbato, con i capelli
biondi e lunghi e gli occhiali sul naso, era andato a fru-
gare nella libreria, che pigliava tre lati della stanza (la
più ricca libreria delle farmacie di Venezia) e ne aveva
cavato il fascicolo del giugno 1880 del «Giornale inter-
nazionale delle scienze mediche». Interrompendo
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