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l uomo non conosce e nolla si crede avere, e però non
cerca d averne consiglio dal medico, nè degli altri rimedi
da curarla. Onde dice santo Agostino: Niuno è più insa-
nabile che colui a cui pare essere sano. E Seneca dice:
Imperò malagevolmente vegnamo alla salute della sa-
nità, perchè non conosciamo essere infermi. Onde, con
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Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
ciò sia cosa che la superbia, come dice san Gregorio, sia
una cechità della mente; e come dice santo Agostino: La
faccia della mia mente è enfiata e non mi lascia vedere;
séguita che la superbia non si possa agevolmente sanare.
La seconda ragione per che la superbia si può malage-
volmente curare, si è perch ella rende l uomo insensibi-
le. Onde dice Seneca: In quelle infermitadi nelle quali
l uomo è afflitto e passionato, quanto peggio sta l uomo,
tanto meno il sente. E san Bernardo dice che l membro
stupido e che non si sente, è più di lungi alla salute. La
insensibilità che fa la superbia, mostra san Gregorio,
esponendo el vangelo della conversione della Maddale-
na: dove dice di quel fariseo superbo che giudicava
l umiliata Maddalena, ch egli avea perduto il sentimen-
to; e però, non sentendo la sua infermità, più era di lun-
gi alla salute. L altra cagione per che la superbia si cura
malagevolmente, si è che avvegna che l uomo superbo
alcuna volta conosca la nfermità della sua superbia, sì si
vergogna di confessarla e di discoprirla al medico; la
quale confessione è cagione e principio di salute, come
dice quello savio Boezio: Se tu aspetti l opera del medi-
co, e bisogna che tu gli mostri e squopra la nfermità. E
Seneca dice: Confessare l uomo e vizi suoi, è principio
di salute. È un altra ragione per che la superbia è mala-
gevole a curare; imperò che l rimedio l è nocimento, e
la medicina l è tôsco. Onde, quanto l uomo ha più bontà
e più senno, tanto spesse volte più ne sale in superbia;
come mostra la Chiosa sopra quella parola che Cristo
disse a Farisei: Si cci essetis, non haberetis peccatum. E
san Gregorio dice, che l celestiale medico non ragguar-
da con l occhio della sua piatà coloro che sono infermi,
e peggiorano della medicina per la quale doverrebbono
megliorare.
Qui si dimostra come sono tre cose per le quali si può correg-
gere la superbia.
Letteratura italiana Einaudi 206
Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
Avvegna che, come è provato, malagevole sia curare il
vizio della superbia, tuttavia non è impossibile. Onde
san Tommaso, nella Somma, insegna tre cose, per le
quali si cura e sana il vizio della superbia. La prima cosa
è la considerazione della propria fragilità; della quale il
savio Ecclesiastico dice: Quid superbis, terra et cinis?
Perchè ti levi in superbia, terra e cenere? Non puote
meglio il savio Ecclesiastico mostrare la viltà dell umana
natura, che considerare bene come noi vegnamo in que-
sto mondo, e come noi ce ne partiamo morendo. Vione
l uomo in questo mondo conceputo e generato, nascen-
do; e come sia vile e brutta la materia seminale, e del pa-
dre e della madre, di che l uomo si genera, non è biso-
gno di dire, ch egli è manifesto. E san Bernardo, nelle
sue Meditazioni, e Innocenzio nel libro della Viltà
dell umana miseria, chiaramente il dimostra. Onde san-
to Iob, parlando a Dio, li dicea: Memento, quSso, quod
sicut lutum fecisti me, et in pulverem reduces me: Ricor-
diti, priégoti, che tu m hai fatto come si fa il loto e il fan-
go, e finalmente mi disfarai, e riducerâmi in polvere. E
in altro luogo dicea: Comparatus sum luto, et assimilatus
sum favillS et cineri: Io sono assimigliato al loto, quanto
alla concezione e al nascimento; e alla favilla del fuoco,
quanto alla vita; e alla cenere, quanto che alla morte. E
che nel processo della vita l uomo sia vile e misero, di-
mostrasi per la sua vanità; della quale dice il Salmista:
Universa vanitas omnis homo vivens: Ogni uomo che vi-
ve in questo modo, è tutta vanità, chè non ci è niente del
saldo o di stabilità. Onde santo Iacopo, considerando
tale vanità, diceva nella Pistola sua: QuS est vita nostra?
Vapor est ad modicum parens, et deinceps exterminabitur:
Ch è la vita nostra? E egli medesimo risponde: È un om-
bra con vapore di fumo, che poco dura e tosto sparisce.
E questa è grande miseria, che la nostra vita sia così
brieve, che a pena s avvede l uomo essere vivuto, che
muore. E, come dice Seneca: Innanzi muore l uomo,
Letteratura italiana Einaudi 207
Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
ch egli abbia cominciato a vivere; intendendo per lo vi-
vere, il vivere virtuoso. Della brieve vita dell uomo s av-
vedea santo Iob, quando dicea: Homo natus de muliere,
brevi vivens tempore, repletur multis miseriis: L uomo
nato di femmina, brieve tempo vivendo, è pieno di mol-
te miserie. E séguita: Et fugit velut umbra, et numquam
in eodem statu permanet: E fugge come l ombra, e mai
non istà in istato. E David profeta dice: Adhuc pusillum,
et non erit peccator, et quSres locum eius, et non inve-
nies: Di qui a poco non ci sarà più l uomo peccatore, e
cercherai del luogo suo, e non lo troverai. Non solamen-
te quanto al corpo e alla vita corporale è l uomo vile e
misero in questo mondo; ma ancora quanto all anima, la
quale immantenente ch è creata nel corpo, contrae la
macola del peccato originale, al quale séguitano poi tut-
te le miserie nel corpo e nell anima; come sono fatiche,
dolore e tristizia, paura, fame e sete, infermità, vecchiez-
za co suoi difetti, ignoranza, ira e concupiscenza; e pec-
cati e le colpe che l anima lordano, viziano la mente, ma-
culano la coscienza e vituperano la fama. Onde dicea il
Profeta rammaricandosi: Ecce enim in iniquitatibus con-
ceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea: Ecco
ch io fu conceputo dalla mia madre in peccato. E quegli
ch egli avea poscia commessi riconoscendo, pregava che
gli fosson poi perdonati; onde dicea: Amplius lava me,
Domine, ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me;
quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum
meum contra me est semper. Tibi soli peccavi, et malum
coram te feci: Non solamente, dice, io ho bisogno d esse-
re lavato dal peccato originale col quale mi concepette la
mia madre, ma più d esser lavato dalla mia iniquitade, e
mondato dal mio peccato. E però, Signore, fàllo; però
ch io conosco la mia iniquitade, e l peccato mio è sem-
pre dinanzi a me. A te solo ho peccato, e ho fatto il male
dinanzi da te. È una grande miseria, tra l altre, che l uo-
mo in questa vita non s avvede delle sue miserie. Onde,
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